Figlia di Nino, impiegato della Fondazione Gigante
Antonella Longo è la figlia di Nino Longo, un ex impiegato della Fondazione Gigante, per cui aveva ricoperto incarichi di responsabilità. Antonella in relazione al rapporto di suo padre e della sua famiglia con la Fondazione Gigante cita un libro di Oriana Fallaci “La rabbia e l’orgoglio”, l’orgoglio per il ruolo esclusivo di suo padre e per gli incarichi che ricopriva in quegli anni, la rabbia per la conclusione del suo rapporto con la Masseria Gigante.
Il lavoro di Nino inizia nel 1958, quando la struttura, sotto forma di azienda, fu affidata in dipendenza diretta della Prefettura ad un gruppo di responsabili locali, tra cui il sindaco di allora di Alberobello Antonio Colucci. Questi in qualità di commissario prefettizio assunse Nino come segretario economo. All’inizio non ci furono grandi cambiamenti ma in seguito grazie all’intervento di un massaio, la gestione dell’azienda migliorò e arrivarono a lavorare altri dipendenti che si occupavano dei diversi settori come ad esempio della stalla e del pollaio. Antonella ricorda di aver mangiato spesso da bambina i prodotti della Masseria Gigante che erano venduti e commercializzati. Ed era proprio suo padre che si occupava di registrare le vendite dei prodotti in modo attento e preciso.
Dal 1970, con l’avvento delle regioni, il controllo della Fondazione passò al controllo della Regione continuando a mantenere in qualità di presidente il sindaco Colucci affiancato dall’arciprete (figura voluta da Don Francesco Gigante nel suo testamento) e da suo padre, in qualità di segretario.
Le cose però peggiorarono fino al fallimento totale dell’azienda intorno agli anni ‘90-‘91 e al licenziamento di tutti i dipendenti tra cui Nino. Questa vicenda provocò un profondo malessere a suo padre che ancora oggi preferisce non parlarne.
Nel corso degli anni, intorno agli anni ‘60, oltre all’attività aziendale, nella Casa Rossa venne istituito il centro di rieducazione minorile che dipendeva dall’istituto Fornelli di Bari. Completamente diverso dal punto di vista formativo da un carcere vero e proprio ma innovativo e sperimentale, il centro di rieducazione minorile permise ai ragazzi internati di essere normalmente integrati e ben voluti dalla comunità alberobellese. Anche con la famiglia e i figli dell’allora direttore c’erano dei momenti di condivisione con questi ragazzi ed ebbero anche dei contatti molto stretti con suo padre Nino in quanto nel tempo libero venivano coinvolti nelle attività dell’azienda, come ad esempio la trebbiatura dei campi a cui partecipavano numerosi operai e tutte le masserie circostanti. Questi momenti non furono altro che la possibilità di creare e intrecciare relazioni tra tutte le persone che passavano da quel luogo.
Oltre a ciò, ricorda che lei personalmente non aveva avuto molte occasioni per entrare nella Casa Rossa, in quanto vincolata rispetto alla Masseria, dove invece fin da bambina si recava spesso con suo fratello maggiore soprattutto nei periodi primaverili ed estivi e dove c’era sempre una grande circolazione che permetteva appunti la commercializzazione regolare dei prodotti.
La Masseria Gigante è stata una grande esperienza per tutta la città di Alberobello, caratterizzata da una parola chiave quella dell’accoglienza, che si è presentata ogni qualvolta veniva modificata la sua funzione.
Il progetto “Le storie della Casa Rossa” è stato realizzato da Lorenzo Scaraggi. Interviste e video di Lorenzo Scaraggi. Ricerche di Lorenzo Scaraggi e Antonietta D’Oria. Progetto realizzato con la collaborazione di Lucia Lazzaro, Valentina Mastropasqua, Annalisa Tedone, Mauro Corbascio e Nello Poli con il supporto della Fondazione Casa Rossa di Alberobello. Progetto finanziato dal Comune di Alberobello attraverso la strategia regionale “La Cultura si fa Strada – I luoghi della Memoria” (Legge regionale n.6772018, art. 49) della Regione Puglia.